Tè Darwiniano 
del 24 maggio 1999

a cura di Riccardo Galbiati


SVILUPPO ED EVOLUZIONE:
IL RUOLO DEI GENI E DELL’ EPIGENESI

 
          a) Cenni alle modalità di sviluppo negli animali

    La Biologia dello Sviluppo è la disciplina della Biologia che studia le modalità con cui da un uovo fecondato (zigote) viene a formarsi un organismo e come questo continua subire trasformazioni per tutta la durata della sua vita.

    Questa disciplina rappresenta una sorta di "sintesi" analoga a quella avvenuta in Biologia Evoluzionistica , in quanto convergono in essa diversi campi di studio quali, ad esempio, l’embriologia classica e la genetica dello sviluppo.

    Uno schema generale dello sviluppo animale è il seguente: dopo la fecondazione lo zigote va incontro ad una serie di divisioni cellulari (segmentazione) in cui il numero di cellule aumenta, a questo stadio di intensa divisione cellulare segue uno stadio in cui i fenomeni predominanti sono le migrazioni di interi gruppi di cellule (gastrulazione) e la formazione della tipica ,sebbene non universale, divisione nei tre foglietti cellulari embrionali: ectoderma, mesoderma, endoderma, dai quali deriveranno i principali tessuti ed apparati dell’organismo mediante i processi di differenziamento cellulare e morfogenesi. E’ in quest’ultimo processo che si formano le strutture chiaramente riconoscibili dei diversi gruppi animali.

    Nel fenomeno del differenziamento cellulare avvengono una serie di processi, detti processi induttivi, in cui cellule di popolazioni cellulari diverse, e con una storia diversa vengono a contatto grazie ad una serie di movimenti morfogenetici determinando un’espressione genetica dipendente dall’ambiente.

    Nel differenziamento cellulare le diverse popolazioni o "collettivi" cellulari, si influenzano reciprocamente: alcune agiscono come induttori, cioè tramite l’azione di sostanze diffusibili o per contatto di recettori di membrana, "inducono" il differenziamento di altre popolazioni cellulari sensibili a tali fattori.

    Tale "sensibilità" viene detta competenza ed è, al pari della capacità di induzione, limitata nel tempo: vi è cioè una finestra temporale prima ed oltre la quale nessun processo induttivo è possibile.

    I processi induttivi si dividono in due principali categorie: induzione istruttiva ed induzione permissiva: la prima agisce attraverso fattori diffusibili (cristallino - vescicola ottica) la seconda agisce attraverso il contatto (cornea – cristallino).

    Data una certa competenza il destino di un collettivo di cellule è determinato dai collettivi di cellule con cui entra in contatto nel corso del tempo tramite i movimenti morfogenetici , e dalla loro abbondanza relativa: questo costituisce in sintesi quello che viene definito sviluppo regolativo a fronte dello sviluppo a mosaico in cui la determinazione cellulare risale alle prime fasi dello sviluppo: in realtà anche in quest’ultimo caso esiste una fase regolativa precoce ma di breve durata, quindi la distinzione è in realtà piuttosto sfumata.

    b) Geni materni, zigotici, omeotici

    Dal momento in cui avviene la fecondazione in poi, vengono espressi nelle cellule una serie di geni la cui sequenza di attivazione è si programmata ma nel contesto "ambientale" di cui sopra: a loro volta i prodotti di questi geni costituiscono l’ambiente di sviluppo per altri collettivi cellulari.

    In Drosophila ,uno degli animali modello per gli studi di biologia dello sviluppo, è stata chiarita la sequenza di attivazione ed il ruolo di tali geni : bisogna precisare che tuttavia la Drosophila come modello di sviluppo non è rappresentativa dello sviluppo animale in genere in quanto la fase di segmentazione comporta un aumento del numero di nuclei senza divisione del citoplasma.

    Tuttavia si è scoperto che i geni che guidano le prime fasi dello sviluppo e tracciano per così dire, lo "schizzo" del futuro organismo, sono comuni a tutto il regno animale.

    Tali ricerche sono state condotte studiando l’effetto sullo sviluppo di mutazioni che interessavano le regioni cromosomiche in cui presumibilmente erano situati tali geni.

    Questi nuclei migrano verso la superficie dello zigote formando un epitelio (blastoderma) le cui cellule sono separate solo da membrane cellulari incomplete.

    Vale la pena di sottolineare che l’uovo ha una sua struttura interna, anche prima della fecondazione, quale ad esempio la distribuzione dei materiali di riserva, struttura che si è formata non solo a partire dall’espressione dei geni della cellula uovo in fase di maturazione ma anche e in alcuni casi soprattutto, con il contributo di popolazioni di cellule ausiliarie che costituiscono l’ambiente di sviluppo della cellula uovo e lacui attività determina la struttura dell’uovo stesso.

    In una prima fase vengono attivati tutta una serie di prodotti genici (RNA messaggero) che erano stati elaborati dal sistema genetico della cellula uovo in via di sviluppo: questa prima fase è quindi sotto il controllo di fatto dei geni di provenienza materna:il loro alterato funzionamento comporta il mancato sviluppo di intere regioni del corpo .

    Nell’embrione, i prodotti proteici di questi geni definiscono un gradiente che serve per stabilire i campi di espressione ed azione dei geni successivi.

    Infatti in seguito, vengono attivati a cascata e secondo una complicata gerarchia di interazioni, anche i geni zigotici (paterni e materni) che provvedono, tramite probabilmente fattori proteici o brevi sequenze di RNA (fattori di trascrizione) e fattori di controllo della comunicazione intra - ed intercellulare (trasduzione dei segnali) ad una identificazione più fine delle sottoregioni .

    Questi geni della segmentazione a loro volta influenzano l’espressione dei geni omeotici così detti perché la loro mutazione causa la comparsa di strutture in parti del corpo in cui normalmente non dovrebbero svilupparsi: ad esempio vi è una mutazione che in Drosophila causa la formazione di zampe al posto delle antenne.

    L’espressione congiunta dei diversi geni omeotici secondo uno schema antero-posteriore , conferisce una sorta di "identità" ad una certa regione dell’embrione (ad esempio: capo, torace, addome).

    Vi è a quanto pare una grande affinità nelle sequenze dei geni omeotici provenienti da diversi gruppi animali : dal moscerino, al topo, all’uomo.

    Ciò ha fatto ipotizzare che esista un unico piano di costruzione comune a tutti gli animali detto zootipo: cioè uno stadio dello sviluppo in cui la somiglianza del pattern di espressione e nel tipo di geni coinvolti rifletta la storia evolutiva comune degli animali a dispetto dell’evidente differenza morfologica degli embrioni a questo stadio.

    Parallelamente è proprio questo stadio quello in cui all’interno di ciascun Phylum (piano strutturale: quale i Cordati, gli Artropodi e così via) gli embrioni presentano il più grande grado di somiglianza morfologica (phylotypic stage) .

    Bisogna comunque precisare che non bisogna confondere il pattern di espressione dei geni con le strutture a cui danno origine o nella cui determinazione sono coinvolti : cioè bisogna evitare di considerare simili un occhio di un uomo ed uno di moscerino solo perché si trovano in regioni determinate da geni omeotici simili!

    Inoltre gli stessi elementi genetici possono svolgere la stessa funzione in contesti diversi, più funzioni, od essere cooptati per funzioni affatto differenti: sembra cioè che relativamente pochi elementi genetici di base siano messi insieme dall’evoluzione in combinazioni differenti producendo in situazioni diverse diversi piani strutturali.

    c) Fattori epigenetici

    Il termine epigenesi risale all’epoca della disputa tra coloro che sostenevano che lo sviluppo di un organismo non fosse altro che il dispiegarsi di un piano preordinato contenuto in potenza nell’uovo fecondato (l’homunculus dei libri di testo) detti preformisti, e coloro che invece pensavano che esso, per usare un linguaggio moderno, fosse determinato da cause insite nelle dinamiche dello sviluppo stesso : gli epigenisti, appunto.

    Di fatto entrambi avevano ragione: i preformisti, in quanto gli schemi di attivazione genetica costituiscono una sorta di mappa del futuro organismo; gli epigenisti perchè le interazioni tra popolazioni cellulari nel corso del tempo ed i fattori ambientali, non sono riducibili a delle mere influenze sul corso di sviluppo determinato dai geni: infatti contengono informazioni indispensabili che non sono essere immagazzinate tutte nel genoma: in loro assenza, un regolare sviluppo non potrebbe avvenire!

    Quindi questi fattori sono ben altro che l’effetto di un semplice rumore di sviluppo (variazioni statistiche casuali nella distribuzione delle sostanze all’interno di una cellula o sulla superficie di essa) sebbene quest’ultimo possa essere responsabile di gran parte della variazione fenotipica osservata tra gli individui non dipendente da cause ambientali "esterne".

    Di fatto è stato Waddington ad reintrodurre il termine per indicare qualsiasi variazione nell’espressione genetica nel corso dello sviluppo : suoi sono i cosidetti paesaggi epigenetici, dotati di valli e creste e determinati tanto dal sistema genetico quanto dal contesto ambientale interno ed esterno dell’organismo.

    d) Canalizzazione ed assimilazione genetica

    La variazione fenotipica che compare in conseguenza delle condizioni fisico-chimiche in cui lo sviluppo avviene, può essere "incorporata" nel patrimonio genetico degli organismi attraverso un processo detto assimilazione genetica.

    Questo fenomeno avviene a livello di popolazioni in cui gli organismi rispondono a certe condizioni di sviluppo con la formazione di strutture quali assenza di ali, callosità etc.

    Da notare che queste condizioni non sono necessariamente stressanti né coinvolgono l’azione di geni mutanti comparsi in conseguenza di tali condizioni: è semplicemente un sistema biologico che in tutte le sue componenti, compresa quella genetica, risponde ad un input ambientale.

    Normalmente lo sviluppo risulta canalizzato: cioè a fronte di tutte le fluttuazioni casuali delle condizioni di sviluppo provenienti dal sistema stesso e dall’ambiente "esterno" il corso degli eventi non subisce grosse modificazioni: tuttavia alterazioni più rilevanti del sistema e delle condizioni fisico-chimiche possono costringere lo sviluppo verso vie affatto diverse.

    Il processo di assimilazione implica la comparsa di varianti (fenocopie, se riferite a varianti simili a quelle la cui origine può essere chiaramente individuata in un evento mutazionale) la cui insorgenza viene ad essere stabilizzata (canalizzata) per azione della selezione naturale, in modo tale che tali varianti continueranno a venire prodotte anche in assenza di qualsiasi stimolo esterno.

    Tale possibilità di "acquisizione dei caratteri" (che se riferita ai comportamenti appresi – istintivi è detta effetto Baldwin) offre due vantaggi dal punto di vista evolutivo: il primo è che una risposta di sviluppo del sistema biologico ad uno stimolo ambientale permette un rapido adattamento, alla scala temporale della vita di un individuo; il secondo vantaggio è che la popolazione che risponde in tal modo "guadagna tempo" e permette alla selezione di operare verso le varianti che rispondono in modo sempre più appropriato allo stimolo.

    e) Eterocronia

    La dimensione temporale nello sviluppo di un organismo è un fattore fondamentale : variazioni nel tempo e durata di attivazione di certi geni regolatori dello sviluppo così come il grado con cui l’espressione genetica viene regolata possono portare a accelerazioni o rallentamenti nello sviluppo di alcune parti rispetto ad altre o dell’organismo nel suo insieme.

    L’eterocronia è un insieme di processi che hanno come risultato il rallentamento (pedomorfosi) o accelerazione (peramorfosi) dei processi di sviluppo: il risultato è una variazione morfologica che può aprire nuove vie evolutive.

    Il rallentamento blocca lo sviluppo di una serie di caratteristiche o dell’organismo nel suo complesso ad uno stadio che può essere paragonato a quello precoce degli antenati da cui l’organismo deriva: un esempio è lo sviluppo neotenico dell’uomo, il quale nasce ancora "immaturo" rispetto a un piccolo di scimpanzé dal quale non discendiamo ma con il quale condividiamo sicuramente un antenato comune.

    Questa "immaturità" si riflette nella possibilità di un rilevante sviluppo post-natale del cervello con tutte le implicazioni conseguenti per le nostre capacità di apprendimento.

    f) Conclusioni

    Il processo di sviluppo embrionale di un organismo procede attraverso una serie di tappe il cui svolgimento riflette presumibilmente la storia evolutiva del gruppo a cui l’organismo appartiene.

    In molti libri di testo compare la frase "l’ontogenesi ricapitola la filogenesi" : cioè lo sviluppo embrionale attraverserebbe stadi che ripercorrerebbero la storia evolutiva dell’organismo (ad esempio : pesce ® anfibio ® rettile ® mammifero).

    Questa affermazione contiene una parte di verità a patto di specificare che il confronto va fatto tra forme embrionali, in certi stadi di sviluppo (ad esempio lo stadio filotipico) e che le forme osservate nei diversi stadi e/o i patterns di attivazione dei geni, da un lato, soprattutto per alcune strutture embrionali, possono essere semplicemente delle tracce di tale storia, dall’altro sono dei percorsi di sviluppo in un paesaggio epigenetico in cui ciascun stadio serve da battistrada per il successivo, ma nello stesso tempo, poiché il sistema in sviluppo è un sistema complesso, esso costituisce un punto a partire dal quale possono essere prese altre vie su cui può operare la selezione naturale.


Articolo raccomandato per la lettura :

Gottlieb, G. 1998 – Normally occuring environmental and behavioral influences on gene activity: from central dogma to probabilistic epigenesis – Psychological Review 105(4): 792-802;

 

Bibliografia

Articoli:

Mc Namara, K. J. 1986 - A guide to the nomenclature of heterochrony – Journal of Paleontology 60(1) : 4-13;

Abouheif, E. et al. 1997- Homology and developmental genes - TIG 13(11) : 432-433;

Patel, N.H. 1994 - Developmental Evolution: insights from studies of insect segmentation - Science 266 :581-589;

Gottlieb, G. 1998 – Normally occuring environmental and behavioral influences on gene activity: from central dogma to probabilistic epigenesis – Psychological Review 105(4): 792-802;

Duboule, D. – Wilkins, A.S. 1998 – The evolution of bricolage – TIG 14(2): 54-59;

 

Libri:

Lewontin, R.C. 1998 – Gene, organismo e ambiente – Editori Laterza (altamente raccomandato !!!)

Waddington, C.H. 1979 – Evoluzione di un evoluzionista – Armando editore Roma (ottima raccolta degli articoli di un grande biologo!)

Edelman, G.M. 1993 – Topobiologia – Bollati Boringhieri (di difficile lettura, ma ottimo per illustrare quanto complesso ed interessante è lo sviluppo di un organismo)


             copyright ©1999-2001   Raffaele Calabretta. All Rights Reserved.


Ultima modifica: lunedì, luglio 09, 2001 10:21
Torna all'Home Page del Tè Darwiniano